Félix Luis Viera, Poema para dos soledades / Poesia per due solitudini
Aquí en la piscina de este hotel qué triste
descubrir a este hombre solo
que mira como una vaca enferma a las
muchachas
al agua a la cerveza a los objetos
Qué triste me parece este hombre señoras y señores
qué triste su pulóver su bolígrafo
su cabellera rota en las entradas
qué triste sus sandalias sus botones su vaso
detenido en un gesto vacío detenido
en un gesto parecido a la muerte.
Qué ganas de buscarle compañera.
Qué ganas de pedirle a esa muchacha
que se siente junto a él en la mesita
y le diga “no sufra más compadre míreme las
carnes
míreme el vientre y verá en él una estrella
calientica
míreme compadre qué dulce qué ardorosa qué
tibia puedo ser y soy
vamos no se ponga así hombre tomemos más
cerveza
y no piense que el mundo se está acabando si al
contrario
aquí en mis piernas brilla como si ahora mismo
lo estuvieran descubriendo”
Que le dijera la muchacha “vamos señor
olvide las penas olvídese de la ingrata o del mal
que la parió
olvídese en fin de lo que sea:
del amigo traidor o del caballo muerto vamos
póngase la trusa y no le estropee la vida
a los demás
instalándose semejante cara en pleno público”
Que le dijera la muchacha: “Vamos en fin yo lo
acompaño
a lanzarnos del trampolín a zambullirnos vamos
que yo lo ayudaré
a contentar esa vida que parece tan
maltrecha”.
Pues de verdad qué triste
me parece este hombre señoras y señores.
Qué ganas de llamar a esa muchacha…
O bueno… creo que es mejor llamar a dos
muchachas.
Junio de 1981
Qui nella piscina di questo hotel che triste
scoprire quest’uomo solo
che guarda come una vacca malata le
ragazze
l’acqua la birra gli oggetti
Che triste mi sembra quest’uomo signore e signori
che triste il suo pullover la sua biro
la sua capigliatura danneggiata da stempiature
che tristi i suoi sandali i suoi bottoni il suo bicchiere
trattenuto in un gesto vuoto trattenuto
in un gesto simile alla morte.
Che voglia di cercargli una compagna.
Che voglia di chiedere a quella ragazza
di sedersi accanto a lui al tavolino
e che gli dica “non soffra più compare mi guardi le
carni
mi guardi il ventre e vedrà spuntare una stella
calorosa
mi guardi compare che dolce che ardente che
tiepida posso essere e sono
andiamo non faccia così uomo beviamo ancora
birra
e non pensi che il mondo stia finendo mentre
al contrario
qui nelle mie gambe brilla come se proprio adesso
lo stessero scoprendo”
Che gli dicesse la ragazza “andiamo signore
dimentichi le pene dimentichi l’ingrata o il male
che le procurò
dimentichi infine quel che è stato:
l’amico traditore o il cavallo morto andiamo
si metta il costume e non rovini la vita
agli altri
esibendo una simile espressione in pubblico”
Che gli dicesse la ragazza: “Andiamo che io lo
accompagno
a lanciarci dal trampolino e a tuffarci andiamo
che io l’aiuterò
ad accontentare quella vita che sembra così
sofferente”.
Perché davvero che triste
mi sembra quest’uomo signore e signori.
Che voglia di chiamare quella ragazza…
O bene… credo sia meglio chiamare due
ragazze.
Giugno del 1981