Rachel Bluwstein

Rachel (1890-1931) o Rachel Bluwstein. Nata a Saratov, in Russia (secondo altre notizie, invece, a Vjatka), giunse in Terra d’Israele nel 1909, durante un viaggio che avrebbe dovuto portare lei e la sorella a studiare arte e filosofia in Italia. Dopo un breve periodo trascorso a Rehovot, dove imparò l’ebraico, fino al 1913 visse per lo più in comunità agricole situate nei pressi del lago di Tiberiade. In seguito si recò in Francia per studiare agronomia e pittura e con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ritornò in Russia, dove lavorò in istituti educativi per bambini rifugiati. Durante questo periodo contrasse la tubercolosi. Fece ritorno in Terra d’Israele nel 1919 ma, ormai incapace di lavorare, si trasferì definitivamente a Tel Aviv, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Morì all’età di quarant’anni e fu sepolta sulle rive dell’amato lago di Tiberiade, dove la sua tomba è ancora meta di numerosi visitatori. Pubblicò in tutto tre raccolte di poesia: Safiah (1927), Mineged (1930) e Nevo (1932).
L’amore per la Terra d’Israele e il suo paesaggio, la lontananza dall’amato, la solitudine e la lotta contro un destino crudele sono i temi dominanti della poesia di Rachel, la quale è stata a lungo considerata la semplice espressione lirica delle gioie e dei dolori di una giovane pioniera. Solo negli ultimi anni la critica ha riconosciuto l’indiscusso valore innovativo della sua opera. Lo stile semplice, colloquiale delle liriche di Rachel ha rappresentato, infatti, un’autentica rivoluzione per la poesia ebraica, dove, fino a quel momento, avevano prevalso i grandi temi collettivi, sorretti da uno stile ricco e complesso, talvolta addirittura oscuro. La sua opera mostra evidenti della poesia europea, come, ad esempio, dell’imagismo francese di Francis Jammes o l’acmeismo russo di Anna Akhmatova. Sebbene il mito culturale della “povera e bella Rachel”, diffusosi rapidamente in Israele e, per certi versi, ancora ben radicato, abbia spesso messo in ombra l’importanza letteraria di quest’autrice, i versi di Rachel celano, in realtà, una forza potente, la cui eco influenza tutt’oggi i poeti esordienti.
בְּגַנִּי נְטַעְתִּיךָ
בְּגַנִּי נְטַעְתִּיךָ,
בְּגַנִּי הַמֻּצְנָע – בְּלִבִּי.
הִשְׂתָּרְגוּ פֹּארוֹתֶיךָ
וְעָמְקוּ שָׁרָשֶׁיךָ בִּי.
וּמִשַּׁחַר עַד לַיְלָה
לֹא יִשְׁקֹט, לֹא יַרְגִּיעַ הַגָּן –
זֶה אַתָּה בּוֹ, אַתָּה בּוֹ
בְּאַלְפֵי צִפֳּרֶיךָ רָן.
Nel mio giardino ti ho piantato
Nel mio giardino ti ho piantato,
nel mio giardino segreto, il mio cuore.
Intricati son divenuti i tuoi rami
e profonde in me le tue radici.
E dall’alba alla notte
non tace, non si placa il giardino
perché ci sei tu, tu
con i mille uccelli del tuo canto.
אֲנִי
כָּזֹאת אָנֹכִי: שְׁקֵטָה
כְּמֵימֵי אֲגַם,
אוֹהֶבֶת שַׁלְוַת חֻלִּין, עֵינֵי תִינוֹקוֹת
וְשִׁירָיו שֶׁל פְרַנְסִיס זַ’ם.
בְּשֶׁכְּבָר הַיָּמִים עָטְתָה נַפְשִׁי אַרְגָּמָן.
וְעַל רָאשֵׁי הֶהָרִים
לְאֶחָד הָיִיתִי עִם הָרוּחוֹת הַגְּדוֹלוֹת
עִם צְרִיחַת נְשָׁרִים.
בְּשֶׁכְּבָר הַיָּמִים… זֶה הָיָה בְּשֶׁכְּבָר הַיָּמִים.
הָעִתִּים מִשְׁתַּנּוֹת
וְעַכְשָׁו –
הִנֵה אָנֹכִי כָּזֹאת.
Io
Io sono così: quieta
come le acque del lago,
amo la calma dei giorni ordinari, gli occhi dei neonati
e le poesie di Francis Jammes.
In giorni lontani la mia anima si vestì di porpora,
e sulle vette delle montagne
una sola cosa divenni coi venti impetuosi
e il grido dell’aquila.
In giorni lontani… questo è stato in giorni lontani,
i tempi cambiano
e ora,
ecco, sono così.
וְאוּלַי לֹא הָיוּ הַדְּבָרִים…
וְאוּלַי לֹא הָיוּ הַדְּבָרִים מֵעוֹלָם,
אוּלַי
מֵעוֹלָם לֹא הִשְׁכַּמְתִּי עִם שַׁחַר לַגָּן,
לְעָבְדוֹ בְּזֵעַת-אַפָּי?
מֵעוֹלָם, בְּיָמִים אֲרֻכִּים וְיוֹקְדִים
שֶׁל קָצִיר,
בִּמְרוֹמֵי עֲגָלָה עֲמוּסַת אֲלֻמּוֹת
לֹא נָתַתִּי קוֹלִי בְּשִׁיר?
מֵעוֹלָם לֹא טָהַרְתִּי בִּתְכֵלֶת שׁוֹקְטָה
וּבְתֹם
שֶׁל כִּנֶּרֶת שֶׁלִּי… הוֹי, כִּנֶּרֶת שֶׁלִּי,
הֶהָיִית, אוֹ חָלַמְתִּי חֲלוֹם?
E forse tutto questo…
E forse tutto questo non è mai stato,
forse
mai mi sono recata allo spuntar dell’alba nei campi
per coltivarli col sudore della mia fronte?
Mai, nei giorni lunghi e roventi
della mietitura
sulle sommità del carro colmo di covoni,
ho levato la mia voce in un canto?
Mai mi sono immersa nell’azzurro silente,
nella purezza
del mio Kinneret… o mio Kinneret[1],
davvero esisti, o è stato solo un sogno?
עֲקָרָה
בֵּן לוּ הָיָה לִי! יֶלֶד קָטָן,
שְׁחֹר תַּלְתַּלִים וְנָבוֹן.
לֶאֱחֹז בְּיָדוֹ וְלִפְסֹעַ לְאַט
בִּשְׁבִילֵי הַגָּן.
יֶלֶד.
קָטָן.
אוּרִי אֶקְרָא לוֹ, אוּרִי שֶׁלִּי!
רַךְ וְצָלוּל הוּא הַשֵּׁם הַקָּצָר.
רְסִיס נְהָרָה.
לְיַלְדִּי הַשְּׁחַרְחַר
“אוּרִי!” –
אֶקְרָא!
עוֹד אֶתְמַרְמֵר כְּרָחֵל הָאֵם.
עוֹד אֶתְפַּלֵּל כְּחַנָּה בְּשִׁילֹה.
עוֹד אֲחַכֶּה
לוֹ.
Una sterile
Se avessi un bimbo! Un bimbo piccolo,
giudizioso e dai riccioli neri.
Tenerlo per mano e camminare piano
per i sentieri del giardino.
Un bimbo.
Piccolo.
Uri lo chiamerò, il mio Uri!
Un breve nome, tenero e limpido
Un frammento di luce.
Il mio bimbo brunetto
“Uri!”
lo chiamerò.
Ancora mi affliggerò come Rachele, nostra madre.
Ancora pregherò, come Anna a Shiloh[2].
Ancora lo
aspetterò.
בִּבְדִידוּתִי הַגְּדוֹלָה
בִּבְדִידוּתִי הַגְּדוֹלָה, בְּדִידוּת חַיָה פְּצוּעָה
שָׁעוֹת עַל שָׁעוֹת אֶשְׁכַּב. אַחֲרִישׁ.
הַגּוֹרָל בָּצַר בְּכַרְמִי אַף עוֹלֵלוֹת לֹא הוֹתִיר.
אַךְ הַלֵּב הַנִּכְנָע סָלַח.
אִם הַיָּמִים הָאֵלֶּה אַחֲרוֹנֵי יָמַי הֵם –
אֱהִי-נָא שְׁקֵטָה,
לְבַל יַדְלִיחַ מִרְיִי אֶת כָּחֳלוֹ הַשָּׁקֵט
שֶׁל שַׁחַק – רֵעִי מֵאָז.
Nella mia grande solitudine
Nella mia grande solitudine, una solitudine di animale ferito
ora dopo ora io giaccio. In silenzio.
La mia vigna l’ha spogliata il destino e nemmeno un rampollo è rimasto.
Ma il cuore, ormai vinto, ha perdonato.
Se davvero sono questi i miei ultimi giorni
voglio esser calma,
ché l’amarezza non intorbidi il quieto blu
del cielo, mio compagno di sempre.
בְּלֵילוֹת לֹא-שְׁנָת
מַה לֵּאֶה הַלֵּב בְּלֵילוֹת לֹא-שְׁנָת,
בְּלֵילוֹת לֹא-שְׁנָת מַה כָּבֵד הָעֹל.
הַאֶשְׁלַח יָדִי לְנַתֵּק הַחוּט,
לְנַתֵּק הַחוּט וְלַחְדֹּל?
אַךְ הַבֹּקֶר אוֹר; בְּכָנָף זַכָּה
עַל חַלּוֹן חַדְרִי הוּא דוֹפֵק בַּלָּאט.
לֹא אֶשְׁלַח הַיָּד לְנַתֵּק הַחוּט.
עוֹד מְעַט לִבִּי, עוֹד מְעָט!
Nelle notti senza sonno
Quant’è fiacco il cuore nelle notti senza sonno,
nelle notti senza sonno quant’è grave il giogo.
Stenderò allora la mano per recidere il filo,
per recidere il filo e finire?
Ma al mattino la luce, con la sua ala pura,
in segreto bussa alla finestra della mia stanza.
Non stenderò la mano per recidere il filo.
Ancora un poco, cuore mio! Ancora un poco!
אֶל אַרְצִי
לֹא שַׁרְתִּי לָךְ, אַרְצִי,
וְלֹא פֵּאַרְתִּי שְׁמֵךְ
בַּעֲלִילוֹת גְּבוּרָה,
בִּשְׁלַל קְרָבוֹת;
רַק עֵץ – יָדַי נָטְעוּ
חוֹפֵי יַרְדֵּן שׁוֹקְטִים.
רַק שְׁבִיל – כָּבְשׁוּ רַגְלַי
עַל פְּנֵי שָׂדוֹת.
אָכֵן דַּלָּה מְאֹד –
יָדַעְתִּי זֹאת, הָאֵם,
אָכֵן דַּלָּה מְאֹד
מִנְחַת בִּתֵּךְ;
רַק קוֹל תְּרוּעַת הַגִּיל
בְּיוֹם יִגַּהּ הָאוֹר,
רַק בְּכִי בַּמִּסְתָּרִים
עֲלֵי עָנְיֵךְ.
Alla mia terra
Non ti ho cantata, terra mia,
né ho fregiato il tuo nome
con gesta d’eroe
e con spoglie di guerra;
solo un albero le mie mani hanno piantato
sulle placide rive del Giordano,
solo un sentiero hanno tracciato i miei piedi
nella distesa dei campi.
È molto misera davvero,
lo so, madre,
è molto misera davvero
l’offerta della tua figlia.
Solo il suono di un trillo di gioia
nei giorni in cui splende la luce
solo un pianto in lontani recessi
sulla tua povertà.
פְּגִישָׁה, חֲצִי פְּגִישָׁה
פְּגִישָׁה, חֲצִי פְּגִישָׁה, מַבָּט אֶחָד מָהִיר,
קִטְעֵי נִיבִים סְתוּמִים – זֶה דַי…
וְשׁוּב הֵצִיף הַכֹּל, וְשׁוּב הַכֹּל הִסְעִיר
מִשְׁבַּר הָאֹשֶׁר וְהַדְּוָי.
אַף סֶכֶר שִׁכְחָה – בָּנִיתִי לִי מָגֵן –
הִנֵּה הָיָה כְּלֹא הָיָה.
וְעַל בִּרְכַּי אֶכְרַע עַל שְׂפַת אֲגַם סוֹאֵן
לִשְׁתּוֹת מִמֶּנּוּ לִרְוָיָה!
Un incontro, un mezzo incontro
Un incontro, un mezzo incontro, un unico fugace sguardo,
brani di frasi oscure, questo solo basta…
E di nuovo tutto inonda e di nuovo tutto sconvolge
il flutto della felicità e del dolore.
Anche la diga dell’oblio che mi sono eretta a scudo
è come se non fosse mai stata.
E sulle ginocchia mi chinerò lungo la riva di un lago fremente
e da esso berrò fino a dissetarmi!
נִיב
יוֹדַעַת אֲנִי אִמְרֵי נוֹי לְמַכְבִּיר,
מְלִיצוֹת בְּלִי סוֹף,
הַהוֹלְכוֹת הָלוֹךְ וְטָפוֹף,
מַבָּטָן יָהִיר.
אַךְ לִבִּי לַנִּיב הַתָּמִים כְּתִינוֹק
וְעָנָו כֶּעָפָר.
יָדַעְתִּי מִלִּים אֵין מִסְפָּר –
עַל כֵּן אֶשְׁתֹּק.
הֲתִקְלֹט אָזְנְךָ אַף מִתּוֹךְ שְׁתִיקָה
אֶת נִיבִי הַשַּׂח?
הֲתִנְצְרֵהוּ כְּרֵעַ, כְּאָח,
כְּאֵם בְּחֵיקָהּ?
Espressione
Io conosco detti eleganti in abbondanza,
frasi fiorite a non finire
che camminano leziose,
lo sguardo arrogante.
Ma amo l’espressione pura come un neonato
e modesta come la polvere.
Conosco parole a non finire,
per questo io taccio.
Saprà il tuo orecchio cogliere, anche dal silenzio,
il mio umile parlare?
Saprai proteggerlo come un amico, un fratello,
come una madre nel suo seno?
[1] Kinneret: nome ebraico del Lago di Tiberiade.
[2] Come Rachele, nostra madre… come Anna a Shiloh: sia la matriarca Rachele, sia Anna, madre del profeta Samuele, conobbero un difficile periodo di sterilità. Si vedano, rispettivamente, Genesi 29:31 e 1 Samuele 1.
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