Rose Ausländer, Nella pioggia di cenere la traccia del tuo nome

Himmel
Massimo Sannelli
Partiamo dalla finzione. Inglorious Basterds di Tarantino sta finendo. Shosanna appare sullo schermo del cinema: “I have a message for Germany”. Hitler e Goebbels watch in shock: non è il film di propaganda che si aspettavano di vedere. Shosanna continua: “That you are all going to die”. Hitler e Goebbels urlano di finirla, di spegnere il proiettore. Shosanna continua: “And I want you to look deep into the face of the Jew that is going to do it!”. Dopo sono fuoco e proiettili, in nome di una controstoria che non è solo spettacolo. Non è spettacolo perché un film di Tarantino è sempre il compendio di moltissime cose.
Nella realtà nessun cinefilo ebreo ha potuto dare fuoco al cinema in cui Hitler e Goebbels si godono un film di propaganda. Nessun artista ebreo ha potuto torcere un capello di Hitler. Né Paul Celan, né Rose Ausländer, né Ghérasim Luca, né Arnold Schönberg, né Primo Levi, né Leone Ginzburg. Né la ragazza Anne Frank, né la ragazza Amelia Rosselli, né il ragazzo Elie Wiesel. Nessun artista ebreo ha potuto agire secondo il principio del Levitico: “Frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente”. E questo è un fatto da notare: nessun artista ebreo ha potuto reagire, se non in una forma artistica o autodistruttiva. Così tra azione e reazione non c’è stata nessuna parità reale e immediata, mai.
Davanti al massacro le espressioni sono palliativi o placebo, perché non ci può essere equilibrio tra azione possibile e reazione impossibile. Si va a tentativi. Un tentativo è nominare il cielo, Himmel: il cui nome tedesco assomiglia anche troppo a quelli del capo del Reich e del suo Reichsführer-SS. Oppure un po’ di slancio, purissimo placebo senza umanesimo da tavolino. Lo slancio fa dire “amando do alle cose / del tu”, “un amore abbraccia la parola TU”. E rimane quella magia congenita del Doppelleben, per cui la bambina Rose diventa “latte in una scodella di legno”, “la coccinella che il giorno prima mi si era posata sulla mano”, “arbusto di lillà”.
La vendetta della lex talionis non c’è stata e si è imposta anche la possibilità di sbagliare obiettivo. Rimanevano solo la propria carne e la propria mente. Dell’una e dell’altra alcuni sopravvissuti-artisti hanno fatto dono, scialo e scempio, caso per caso, applicando la talio a se stessi. Non c’è consolazione e non c’è risarcimento. Solo una cosa, forse: per qualche decennio, o secolo, o per sempre, il cielo – Himmel – non sarà più parodiato così facilmente da entità terrestri: convinte di essere millenarie, come demoni.
La questione è tutta qui. “Grido giovani parole / affinché il vecchio mondo decrepito / ringiovanisca” e “Io voglio abitare / la parola umana”. “Se la tua poesia / non è cristallo // non sei degno / di lei // Splendere deve / come amore e dolore”. È inutile citare altri versi della frattura non vendicata, anche perché la citazione ci mette nel campo di una cultura comoda. La comodità non va bene per niente. E anche la parafrasi è inutile. Ma immaginiamo che la parafrasi sia utile: siamo degni di parafrasare? Leggiamo Rose Ausländer e zitti, tutti.
Alt – jung
Meine bemoosten Finger
halten den jungen Stift
Vor mir liegt
ein unberührter Bogen Papier
Ich rufe junge Worte
um die alte bemooste Welt
zu verjüngen
Freunde
prüfet sie
Das Ende
Schreib
deine eigene Welt
zu Ende
ehe das Ende
dich abschreibt
Mehr
Aus dem Feuerkokon gerollt
Sonne ein Licht ohne Schlacken
Uraltes Geheimnis
ritzt zähe Schrift
in deine Haut
Der Zeiger
wühlt sich in dein Gewebe
Sprünge hat plötzlich die Sonne
du weißt nicht
wann schlägt die Flamme ein
obszön ein Leib in der Mandorla
Schatten dein Schritt
verwundert trägst du die Bürde
verkrusteter Flügel
Aus Himmelsrippen geschält
Sonne ewige Eva
Ballspiel mit roten Äpfeln
dein Atem fängt auf
ihr Aroma
Im Aderwerk springt eine Feder
das Lichtmeer versinkt
mehr Schatten
mehr
Else Lasker-Schüler I
Ihren langen Atem
schenkt sie Welten
die sie erkennen
von Wort zu Wort
Bäume verknüpft
mit ihren Wurzeln
sprechen ihr Deutsch
Ihr Reim hat Raum
für alle Kreaturen
Wenn sie weint
trösten sie Träume
Der Himmel hängt an einem Haar
das spinnt ihr Wort
bis an die Augen unsrer Blindenzeit
Das Ohr
In seinen Trichter
fallen Töne
ungestüm
leise
Von Tonfäden
aus dem Muschelraum
flechte ich
Sätze
Gut aufgehoben
im Wortgewebe
du und du
Ohr
meine musizierende
Heimat
Versöhnung
Wieder ein Morgen
ohne Gespenster
im Tau funkelt der Regenbogen
als Zeichen der Versöhnung
Du darfst dich freuen
über den vollkommenen Bau der Rose
darfst dich im grünen Labyrinth
verlieren und wiederfinden
in klarerer Gestalt
Du darfst ein Mensch sein
arglos
Der Morgentraum erzählt dir
Märchen du darfst
die Dinge neu ordnen
Farben verteilen
und wieder
schön sagen
an diesem Morgen
du Schöpfer und Geschöpf
Dialoge
Das Schiff
im Dialog
mit dem Märchenerzähler Meer
schaukelt dich
über den Himmel hinweg
Du
im Dialog
mit der reisenden Zeit
Wie lang ist der Tag hier
der Himmel wie tief
fragst du
Ich weiß nicht
sagt die Zeit
bleib in der Arche
es regnet
im überfluteten Land
gehst du unter
Ich
deine Wiege dein Haus dein Hafen
reise mit dir
sagt die Zeit
Mutterlicht
Mai
mein Monat
da habe ich
meine Mutter geboren
Sie sang JA
zu mir
Maikäfer
tanzen noch immer
um ihr Licht
Immer das Wort
Wenn ich Gold sage
mein ich das Wort
Wenn ich Worte sage
meine ich
Gold Weltanfang Mensch
dich und mich
im Gespräch
Wer bin ich
Wenn ich verzweifelt bin
schreib ich Gedichte
Bin ich fröhlich
schreiben sich Gedichte
in mich
Wer bin ich
wenn ich nicht
schreibe
Ratschlag
Ein Engel
lud mich ein
in den Himmel
Mephisto bot mir
die Hölle an
Ein Mensch
riet mir
»Schreib
deinen dauernden Aufenthalt«
Ich will wohnen
im Menschenwort
Vecchio – giovane
Le mie dita decrepite
tengono la giovane matita
Davanti mi giace
un rotolo di carta intatto
Grido giovani parole
affinché il vecchio mondo decrepito
ringiovanisca
Amici
mettetele alla prova
La fine
Scrivi
il tuo mondo
fino alla fine
prima che la fine
ti trascriva
Di più
Ruzzolato dal bozzolo di fuoco
è luce senza scorie il sole
Segreto originario
tenace uno scritto t’incide
la pelle
l’ago
s’insinua nel tessuto
Sobbalzi ha il sole a un tratto
non sai
quando pianti la fiamma
osceno un corpo nella mistica mandorla
Ombra il tuo passo
sorpreso porti il fardello
di ali incrostate
Sgusciato dalle costole del cielo
il sole dell’eterna Eva
gioco di palla con mele rosse
il tuo respiro ne afferra
l’aroma
Nell’intarsio di vene balza una penna
il mare di luce sprofonda
più ombre
di più
Else Lasker-Schüler I
Ai suoi lunghi respiri
lei dona mondi
che la riconoscono
di parola in parola
Alberi connessi
con le sue radici
le parlano tedesco
Il suo Reno ha spazio
per tutte le creature
quando piange
la consolano i sogni
Il cielo è appeso a un capello
che fila la sua parola
fino agli occhi del nostro tempo di ciechi
L’orecchio
Nel suo imbuto
cadono toni
violentemente
sommessi
Con fili di tono
da dentro la conchiglia
intreccio
frasi
Ben custodito
nella trama di parole
tu e tu
Orecchio
la mia patria
musicista
Pacificazione
Ancora una mattina
senza fantasmi
nella rugiada scintilla in pegno
di pacificazione l’arcobaleno
Ti è concesso gioire
della forma assoluta della rosa
nel verde labirinto ti è concesso
perderti e ritrovarti
in una più chiara figura
Ti è concesso essere un essere
umano ingenuamente
Ti racconta il sogno del mattino
ragazza ti è concesso
dare un nuovo ordine alle cose
distribuire colori
e dire nuovamente
bello
in questa mattina
sei tu creatore e creatura
Dialogo
La nave
in dialogo
col mare cantastorie
ti dondola e spinge
più in alto del cielo
Tu
in dialogo
col tempo viaggiatore
Da quanto c’è il giorno
e il cielo quanto è profondo
chiedi
Non so
dice il tempo
rimani nell’arca
piove
nella terra sommersa
sprofondi
Io
tua culla tua casa tuo porto
viaggio con te
dice il tempo
Luce Madre
Maggio
il mio mese
quello in cui
ho generato mia madre
Lei mi cantò
SI
Maggiolini
continuano a danzare
attorno alla sua luce
Sempre la parola
Quando dico oro
intendo la parola
Quando dico parole
intendo
Oro principio del mondo uomo
te e me
in dialogo
Chi sono io
Quando sono disperata
scrivo poesie
Se sono felice
le poesie si scrivono
in me
Chi sono io
quando non sto
scrivendo
Consiglio
Un angelo
m’invitò
in cielo
Mefistofele mi offrì
l’inferno
Un uomo
mi consiglò
“Scrivi
la tua costante permanenza”
Io voglio abitare
la parola umana
Da Nella pioggia di cenere la traccia del tuo nome, Edizioni Kolibris 2014
Traduzione di Chiara De Luca

Nata nel 1901 nella comunità ebraica di lingua tedesca di Czernowitz, Bucovina, che a quell’epoca era una provincia dell’impero austro-ungarico, Rose Ausländer ha vissuto entrambe le Guerre mondiali. Avendo scelto di studiare a Vienna da ragazza, fu costretta all’esilio fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, senza poter tornare a casa fino al 1919. Nel 1921 seguì il futuro marito negli Stati Uniti. Nel 1928, dopo un matrimonio durato solo pochi anni, la Ausländer tornò a Czernowitz, nell’attuale Romania, per assistere la madre invalida. Il padre morì nel 1920. All’inizio degli anni Trenta Rose Ausländer si trasferì nuovamente negli Stati Uniti. Nel 1939, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, raggiunse la madre a Czernowitz. Nel 1941 i nazisti e i loro alleati occuparono la Romania. Rose e la madre furono confinate nel ghetto ebraico insieme ad altri 60,000 ebrei di Czernowitz. Prima della fine della Seconda Guerra mondiale, 55,000 degli ebrei di Czernowitz furono assassinati dai nazisti. Rose Ausländer riuscì a sopravvivere per tre anni all’occupazione nazista, ora perché destinata ai lavori forzati, ora vivendo da clandestina. Durante la vita in clandestinità, conobbe il grande poeta Paul Celan, anch’egli originario di Czernowitz. Durante la primavera del 1944 i russi occuparono la città e liberarono gli ebrei. Rose Ausländer iniziò a lavorare come libraia. All’inizio degli anni Sessanta, ritornò in Europa. Poiché la sua città natale era ora parte dell’Ucraina, la Ausländer si stabilì a Düsseldorf, in Germania, dove visse in una piccola comunità di ebrei emigrati da Czernowitz. Tutte le poesie scritte dalla Ausländer dopo la Seconda Guerra mondiale fanno riferimento, spesso esplicitamente, alle esperienze da lei vissute durante l’Olocausto. La lingua delle sue poesie successive divenne via via più essenziale e scarnificata, probabilmente influenzata dalla frequentazione con Paul Celan. Verso la fine della sua vita, Rose Ausländer ricevette un tardivo quanto meritato riconoscimento. Molte sue raccolte poetiche vennero pubblicate e in Germania le furono assegnati numerosi prestigiosi premi di poesia. Rose Ausländer morì nel gennaio del 1988, continuando a scrivere fino all’ultimo anno della sua vita.