Alberto Bertoni

da Figure umane
Variazione su Cézanne
Se il treno fosse stato sul filo
stamattina di sicuro l’avrei perso
e invece mi ha lasciato sul binario
qualche minuto a domandarmi cosa faccio
quest’attimo rubato
al caldo in anticipo di maggio
Nuvola e cielo, mi faccio
per cancellarmi dentro
quando il dolore è inciampo
appena giù dal letto
senza più nome né pensiero
Una non luce, ecco
lo spegnimento del cielo, il silenzio
degli alberi e degli angoli
mentre io non ricordo più niente
del tempo, non un solo momento,
se esiste e se è più amico o più nemico
sfiora ogni fronda si trasmette
al gran ballo dei salici
E godo come godo, quando parto
per questo panorama trasognato
le rocce tutt’attorno nel presepio
che fingo ricordando ricordando
sul pavimento gelato
in via Salvioli, a Modena, nel tardo
inverno dei Cinquanta
non fosse lo spettacolo poi stato
tutto un altro vastissimo altipiano
e Cézanne verde su verde
ma anche tanto bianco
nell’attrito di gesso
Il Mont Sainte-Victoire
qui a portata di mano
marrone di gole e di fango
un po’ più in basso
giù fino al nastro specchiato
sul fiume di barche pullulante
e il sole, il sole in un bagno di sangue
a poco a poco perde luce
e con la luce vigore
perché tutto alla fine sembra fioco
prima che torni
a riprendersi agosto
una musica tessuta di visioni
Anche tu stasera qui,
vecchia Dordogna,
al culmine esatto del verano
col tuo tuffo drammatico a ovest,
nell’ultimo singulto
e profilo fuggito dal quadro
pieno di buio questo sguardo
Madonna in minigonna
per Marco Santagata
Lo sguardo appeso al baratro
il portamento dritto
faccia seria sulla gonna troppo corta
per andare fra gli ormoni di una classe
armoniche le gambe e più flessuose
fino alla piega del mistero
Roba da jungla urbana
il falò delle mie dita
come l’aculeo che niente
di quel buio sa lambire
sta lì miserello e disattento
sull’orlo da sfiorare
senza staccare gli occhi dal parquet
piccolo tic della caviglia destra
nella curva perfetta delle scapole
finché non stiri il labbro
ne morsichi l’interno fino al sangue
fissando il pavimento
ed io senza parlare senza presentarmi
di te ammiro l’ovale
il volo di sparviero
II.
Nebbia a Bologna
Ricordi tutto o niente
come gas trasparente
e così stai male
quando ti invade
la bella Bologna nebbiosa
nella quale dicesti una volta
Por toda la vida, mi esposa
ricevendone in cambio qualcosa
tipo: Sto arrivando e non è vero
col delirio di perdere quel treno
che sarebbe sembrato decisivo
nel tuo campionario di perle
da vecchio décolleté
ingoiate una ad una
per il gioco di un interruttore
riacceso all’improvviso
sul fiocco di nebbia appeso al muro
questa domenica d’ottobre
E risveglio sull’esile volto
III.
Sulla spiaggia
S’ammassa e s’annida
tutta una materia bruta
di cose anche elegantine
talvolta necessarie
ma come è possibile come
non digerirla intera la figura
che trasforma se stessa in materia
e dopo si fa strega
la corda smollata, il sale
cristallino sulla lingua
nello stesso momento che ti vibra
l’intonazione bassa
sarà il fumo che prima non fumavi
tanto e davanti a tuo padre
ancora non ti attenti
tutti in famiglia più prudenti
come se fosse, adesso, a ripensarla
un tribunale dell’anima
Al labbro un fuoco fatuo
e le tavole ardenti
di nuvole e cortecce
il ritmo fra le dita preso bene
oggi ti donano tanto
le mèches incendiarie
purché le lasci crescere
e selvagge le porti a conquistare
tutto l’intrico, il passaggio
appena disegnato
verso il mare
Alberto Bertoni (Modena, 1955). Ha pubblicato in poesia: Lettere stagionali (1996, nota di Giovanni Giudici); Tatì (1999, omaggio in versi di Gianni D’Elia); Il catalogo è questo. Poesie 1978-2000 (2000, con un intervento di Roberto Barbolini); Le cose dopo (2003, postfazione di Andrea Battistini); Ho visto perdere Varenne (2006, prefazione di Niva Lorenzini); Ricordi di Alzheimer (2008, con una lettera in versi pavanesi di Francesco Guccini), Il letto vuoto (Torino, Aragno, 2012).
È professore di Letteratura italiana contemporanea e di Prosa e generi narrativi del Novecento nell’Università di Bologna e dirige per Book Editore le collane di poesia “Fuoricasa” e “Quaderni di Fuoricasa”. È inoltre consulente scientifico del “PoesiaFestival” di Castelnuovo Rangone e membro di alcune giurie di premi letterari.
Dal 2008 – insieme con Biancamaria Frabotta – ha curato il Diario critico dell’Almanacco dello Specchio Mondadori.
In veste di critico, è autore e curatore di diversi articoli e libri, tra i quali ricordiamo i Taccuini 1915-1921 di F.T. Marinetti (Bologna, il Mulino, 1987), Dai simbolisti al Novecento. Le origini del verso libero italiano (ibid., 1995, Premio Russo e Premio Croce 1996), La poesia come si legge e come si scrive (ibid., 2006). È inoltre autore – con Gian Mario Anselmi – del saggio dedicato alla letteratura dell’Emilia e della Romagna nella Letteratura italiana Einaudi curata da Alberto Asor Rosa. Ricordiamo inoltre La poesia (Bologna, Il Mulino 2006 ) e La poesia contemporanea, (Ibid., 2012).
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