Félix Luis Viera

a cura di Gordiano Lupi
Félix Luis Viera e la nostalgia di un esiliato
Félix Luis Viera è noto in Italia per aver pubblicato Il lavoro vi farà uomini(L’ancora del mediterraneo, Napoli – titolo originale Un ciervo herido), un romanzo verità che racconta la terribile esperienza delle UMAP, centri di rieducazione e lavoro per antisociali (dissidenti, omosessuali, religiosi, rockettari…) creati dalla fantasia malata del comunismo cubano nei primi anni Sessanta. Molte opere di Viera sono inedite nel nostro paese, ma meriterebbero di essere tradotte, perché è uno scrittore dallo stile colto e raffinato che ha il coraggio di raccontare il vero volto dell’isola caraibica. La patria è un’arancia è una raccolta basata sulla nostalgia per una terra lontana, la stessa nostalgia che provava Cabrera Infante da Londra immaginando L’Avana senza poter sentire il profumo del suo mare. Félix Luis Viera costruisce poesia d’amore e nostalgia, paragona la patria al corpo di una donna che gli ha permesso di avere meno nostalgia, tra freddo e solitudine. Descrive un rapporto d’amore intenso alternando similitudini delicate e immagini lascive, fino a immaginare che un giorno la patria comincerà in un prato e terminerà tra le gambe di una donna. L’amore è l’unica salvezza, secondo il poeta in esilio, la sola cosa che toglie dalla disperazione, dal rimpianto e che fa nutrire la speranza che un domani qualcosa possa cambiare. Félix Luis Viera ci regala una stupenda poesia d’amore che si trasforma in accorato canto politico per il futuro della sua terra.
Gordiano Lupi
Félix Luis Viera nasce a Santa Clara, Cuba (18 agosto 1945). Pubblica le raccolte poetiche: Una melodía sin ton ni son bajo la lluvia (Premio David di Poesia della UNEAC, 1976 – Ediciones Unión, Cuba), Prefiero los que cantan (1988, Ediciones Unión, Cuba), Cada día muero 24 horas (Editorial Letras Cubanas, 1990), Y me han dolido los cuchillos (Editorial Capiro, Cuba, 1991) e Poemas de amor y de olvido (Editorial Capiro, Cuba, 1994). Pubblica le raccolte di racconti: Las llamas en el cielo (Ediciones Unión, Cuba, 1983), En el nombre del hijo (Premio della Crítica 1983 – Editorial Letras Cubanas – Nuova Edizione nel 1986) e Precio del amor (Editorial Letras Cubanas, 1990). Pubblica i romanzi: Con tu vestido blanco (Premio Nacional per il Romanzo della UNEAC 1987 e Premio della Critica 1988. Ediciones Unión, Cuba), Serás comunista, pero te quiero (Ediciones Unión, Cuba, 1995), Un ciervo herido (Editorial Plaza Mayor, Puerto Rico, 2003) e il romanzo breve Inglaterra Hernández (Ediciones Universidad Veracruzana, 1997. Editorial Capiro, Cuba, 2002). Il suo libro di racconti Las llamas en el cielo è considerato un classico del genere nel suo paese. Molte sue creazioni sono state tradotte in diverse lingue e sono uscite in alcune antologie pubblicate a Cuba e all’estero. Nel suo paese natale ha ricevuto diversi premi per il suo lavoro in favore della cultura. Ha diretto la rivista “Signos”, di proiezione internazionale e dedicata alle tradizioni della cultura. In Italia lo conosciamo per il romanzo più recente, Un ciervo herido, uscito con il titolo Il lavoro vi farà uomini (L’Ancora del Mediterraneo), un lavoro interessante che affronta il tema delle UMAP (Unidades Militares de Ayuda a la Producción). Felix Luis Viera denuncia con lo strumento del romanzo la piaga dei campi di lavoro rieducativo, veri e propri campi di concentramento realizzati a Cuba nei primi anni Sessanta, dove venivano confinati omosessuali, sacerdoti, santeros, rockettari e antisociali di ogni tipo. Il romanzo è stato ben accolto da critica e pubblico, è stato per cinque mesi tra i libri più venduti di Miami, ha circolato in Spagna, Porto Rico, Messico, Italia e altri paesi. Nel 2011, Felix Luis Viera ha pubblicato in Messico El corazón del rey, che racconta i primi passi della instaurazione del socialismo a Cuba e la raccolta poetica La patria es una naranja, ispirata alla nostalgia per la terra natale e alla vita in Messico dal 1995.
da La patria è un’arancia, Edizioni Il Foglio Letterario 2011. Traduzione di Gordiano Lupi
Tutte le nostre ragioni si trasformarono in errori, forse non erano altro che stupidaggini. Ci ingannarono. O peggio: ci siamo lasciati ingannare da un folle e non abbiamo saputo intuire sin dal principio,che in lui si nascondeva un tiranno. La cosa più evidente che abbiamo ottenuto è stata una scia di morti lungo questo cammino. Morti veri e propri, ma anche morti in vita e, a volte sono proprio questi ultimi, i morti più morti che esistono. Abbiamo affrontato tanti sacrifici inutili per realizzare un sogno che non sarebbe stato mai niente altro che un sogno. Dal 1959 a oggi, tra gli altri sacrilègi, abbiamo fomentato l’odio tra fratelli, del padre nei confronti del figlio, del figlio nei confronti del padre, della madre verso il figlio, del figlio verso la madre e tra amici. E almeno io, Felix, soffro giorno dopo giorno, come non puoi immaginare, quando penso ai tanti cubani dispersi per il mondo, allontanati forse per sempre dalla terra che li ha visti nascere. Condanno me stesso come fossi colpevole di aver iniettato il virus di questo disastro ai miei figli e ai tanti giovani che oggi possono contare solo sulla miseria e sulla paura. Uno non merita di restare vivo, Felix, dopo aver sbagliato in questo modo, sono in debito con la generazione che oggi soffre così tanto e porto sulle spalle questo orribile peso. Povera Cuba, Felix, da un tiranno all’altro, da un abisso all’altro.
Frammento di una nota, del 1992, di Manuel Parrado, Manolito, ricevuta una settimana prima che si suicidasse.
49
Lejos de la patria has conocido a una mujer
que tiene una pecera
y que en las noches se arrulla con el viento lunar.
Ella te salvó del frío y de la constante, inmensurable soledad
en la enorme Ciudad donde nadie te amaba.
Tú estabas lejos de la patria
o mejor dicho tú en ti habías extraviado la patria
y los senos de esta mujer te hicieron encontrarla,
los jugos de su interior te dieron las franjas
de la bandera de tu patria que habías extraviado.
Ella bajaba cuatro pisos para verte
en los amaneceres donde tú no te hallabas el lugar de la boca
y te amaba creo que como se ama
un espectáculo largo tiempo admirado y pretendido,
su sexo se asemejaba al pastel que quisiste
cuando niño:
era tierno y crujiente y parecía recién sacado
de un horno tibio,
su vientre se parecía a la patria
porque uno no quisiera abandonar su calidez,
una mujer morena cuyos ojos eran los más temibles retadores de la noche.
Sus senos debieron ser esculpidos por aquel que supo
sembrar el néctar en la piedra.
Tú chupabas sus senos como si fueran
la última baraja marcada.
Ella te sacaba todos tus jugos
y el tintineo de su voz
te hizo asegurar
que algún día los hombres se amarían
de modo que la patria comenzara en un prado
y terminase en las piernas de una mujer
y en las manos de un hombre sobre esas piernas.
Era morena y furtiva en las mañanas y antes de llegar a ti
ya su sexo había probado el rocío.
Tu supiste que sus nalgas habían sido tocadas por Cristo
y por eso jamás morirían.
Era morena como el sol que cae tras las montañas
en la inmensa Ciudad.
49
Lontano dalla patria hai conosciuto una donna
che possiede un acquario
e che di notte si culla con il vento lunare.
Lei ti salvò dal freddo e dalla costante, incommensurabile solitudine
nella immensa città dove nessuno ti amava.
Tu eri lontano dalla patria,
o per meglio dire avevi smarrito la patria
e i seni di questa donna te la fecero ritrovare,
i suoi intimi umori ti dettero gli ornamenti
delle bandiere della tua patria che avevi smarrito.
Lei scendeva quattro piani per vederti
nelle albe dove tu non trovavi il luogo della bocca
e credo che ti amasse come si ama
uno spettacolo per lungo tempo ammirato e preteso,
il suo sesso somigliava alla torta che desideravi
quando eri bambino:
era tenero e croccante e sembrava appena tolto
da un forno tiepido,
il suo ventre somigliava alla patria
perché non avresti mai voluto abbandonare il suo calore,
una donna bruna con gli occhi che erano i più temibili sfidanti della notte.
I suoi seni dovettero essere scolpiti da colui che seppe
seminare il nettare nella pietra.
Tu succhiavi i suoi seni come se fossero
l’ultimo mazzo di carte segnato.
Lei ti toglieva tutti i tuoi umori
e il tintinnio della sua voce
ti ha fatto capire
che un giorno gli uomini si ameranno
in modo tale che la patria comincerà in un prato
e terminerà tra le gambe di una donna
e nelle mani di un uomo sopra queste gambe.
Era bruna e furtiva nelle mattine e prima di arrivare da te
già il suo sesso aveva assaggiato la rugiada.
Tu comprendesti che le sue natiche erano state toccate da Cristo
e per questo non sarebbero mai morte.
Era bruna come il sole che cade tra le montagne
nell’immensa città.
73
lsla de Cuba,
cuántas guitarras han sido rotas en tu nombre,
cuántos tiranos te han violado luego de haberte proclamado doncella nuevamente,
cuántas muchachas han mordido el polvo de
su Sueño
luego de que el azulísimo mar se ha hecho rojo
con la sangre de sus amores,
cuántos niños han perdido sus globos bajo el
trueno prometedor de la Justicia.
Cuántas gonorreas, cuántos chancros
han depositado en ti tus salvadores,
cuántos, blandiendo el rojo matiz de la poesía,
han encadenado tus ojos, han lanzado
en aviones de papel la mentira de ti
como una fruta plástica.
lsla de Cuba, sangre que no termina,
¿dónde te hallas en esta noche, dónde
que tus boleros no me alcanzan, dónde
que aquellas mujeres no me afierran los timpanos con sus risas como
pífanos que estallan, dónde los negros que no llegan acezantes, tautológicos,
serenos como sierpes en fuga, donde
las negras que no me asaltan con sus culos como bastiones bíblicos?
Y ¿dónde, donde aquellas mulatas
que bajo las nieves de los relámpagos consagran la hostia?
Dónde,
amor mío,
en esta noche cuando
me dueles en toda la boca,
cuando
inútilmente
te busco en el lejano frío.
73
Isola di Cuba,
quante chitarre sono state rotte in tuo nome
quanti tiranni ti hanno violata dopo averti proclamato nuovamente donzella,
quante ragazze hanno morso la polvere del loro Sogno
dopo che l’azzurrissimo mare si è fatto rosso con il sangue dei loro amori
quanti bambini hanno perso i loro palloncini sotto il tuono garante di Giustizia.
Quante gonorree, quanti cancri
hanno depositato in te i tuoi salvatori
quanti blandendo la rossa sfumatura della poesia
hanno incatenato i tuo occhi, hanno lanciato
in aerei di carta la menzogna di te come una frutta plastica.
Isola di Cuba, sangue che non finisce,
dove ti trovi in questa notte, dove
che i tuoi boleri non mi raggiungono,
dove che quelle donne non mi afferrano i timpani con le loro risa come
flauti che scoppiano, dove i negri che non giungono ansimanti,
noiosi,
sereni come serpi in fuga, dove
che le nere non mi assaltano con i loro culi come bastioni biblici?
E dove, dove quelle mulatte
che sotto le nevi dei lampi consacrano l’ostia
Dove,
amore mio,
in questa notte quando
mi fai male in tutta la bocca
quando
inutilmente
ti cerco nel lontano freddo.
74
Alguien desde la patria me envía una postal y me dice que la patria
sigue siendo esa postal:
El póster de una hermosa mujer que, en biquini,
va caminando por una playa interminable.
Una mujer real que por tres dólares alquila las entrañas.
Un trovador que no deja de cantar.
Y el Tirano, que en la alta tribuna
grazna, grazna, grazna.
74
Qualcuno dalla patria mi invia una cartolina
e mi dice che la patria è ancora come in quella cartolina:
Il poster di una bella donna che, in bikini,
cammina lungo una spiaggia interminabile.
Una donna reale che per tre dollari affitta le sue viscere.
Un trovatore che non cessa di cantare.
E il Tiranno, che da un’alta tribuna
gracchia, gracchia, gracchia.
75
Candorosas putas de mi patria
lejos, desde esta gigantesca Ciudad yo las saludo
yo las amo en la distancia
muchachas que soñaron como yo una vez con el porvenir del oro
equitativamente repartido
Putas mías
putas filólogas ingenieras médicas economistas lánguidas licenciadas
que se han vendido a un italiano gordo dueño de un taller de mecánica
a un gastronómico sueco
a un trailero mexicano
a un canadiense que corta el césped en los jardines ajenos
a un español especialista en longanizas
a un portugués ratero
yo las quiero putas mías
yo las quiero y les canto y soy vuestro defensor
muchachas
adolescentes
cuyos padres les dijimos que el hambre jamás entraría en vuestro reino
puesto que era
asunto de otras latitudes
cuyos padres les aseguramos
que aquellos que hoy las poseen por cuatro dólares
eran miserables sin valor para construir un porvenir ausente del oprobio
cuyos padres les aseguramos
que cantaríamos a las cinco de la tarde
cada dia
en las colinas que levantábamos donde habríamos de cultivar flautas
y guitarras
Putas de la patria mía
muchachas adolescentes licenciadas en proyectos perdidos
yo las quiero
y las convoco a seguir amando cuando llegue el momento.
75
Candide puttane della mia patria
lontano, da questa gigantesca Città vi saluto
vi amo da lontano
ragazze che sognaste come me un futuro d’oro
equamente ripartito.
Puttane mie
puttane filologhe ingegnere medico economiste languide
laureate
che si sono vendute a un italiano grasso padrone di un’officina meccanica
a un cuoco svedese
a un camionista messicano
a un canadese che taglia il prato nei giardini altrui
a uno spagnolo specialista in salsicce
a un portoghese spregevole
vi voglio bene puttane mie
vi voglio bene, canto per voi e sono il vostro difensore
ragazze
adolescenti
a cui noi genitori dicemmo che la fame mai sarebbe entrata nel
vostro regno
e che era
problema di altre latitudini
a cui, noi genitori assicurammo
che quelli che oggi vi possiedono per quattro dollari
erano miserabili senza valore per costruire un futuro senza il disonore
a cui, noi genitori assicurammo
che avremmo cantato alle cinque della sera
ogni giorno
nelle colline che innalzavamo dove avremmo coltivato flauti e chitarre.
Puttane della patria mia
ragazze adolescenti laureate in progetti perduti
vi voglio bene
e vi invito a continuare ad amare
quando arriverà il momento.
76
Si unos bárbaros quieren quitarnos la naranja
entonces la patria deja de ser una naranja y una calle y un charco
y una cañada
y van los hombres a morir por ella,
pero en realidad van a morir por la naranja.
76
Se alcuni barbari vogliono toglierci l’arancia
allora la patria cessa d’essere un’arancia, una strada, uno stagno, una gola
e vanno gli uomini a morire per lei,
ma in realtà vanno a morire per l’arancia.
77
De la otra patria se adueñó el Tirano,
de la patria que dicen los tiranos que es la patria
se adueñó,
la tomó para sí completamente
y la guardó en su banco,
justamente en su banco particular:
los tiranos guardan todo en su banco particular.
77
Dell’altra patria s’impadronì il Tiranno,
della patria che dicono i tiranni che è la patria
s’impadronì,
la prese per sé completamente
e la conservò nella sua banca,
proprio nella sua banca privata:
i tiranni conservano tutto nella loro banca privata.
78
El hombre, en verdad, se queda completamente solo, cuando
la poesía lo abandona:
la patria nunca habrá de abandonarlo.
L’uomo, in verità, resta completamente solo, quando la poesia lo abbandona:
la patria mai dovrà abbandonarlo.
79
Tirano de la patria,
no es el poeta quien te odia,
quien te aborrece es la poesia.
79
Tiranno della patria,
non è il poeta che ti odia,
chi ti detesta è la poesia.
80
Hija mía, un día cantaremos, no importa
que yo no esté contigo; cantaremos tú y yo.
No importa
que yo ya no esté:
cantaremos los dos.
Debes creer en la canción
que han creado las flores, los árboles, el viento
y sobre todo en la que han escrito los caminos áridos
y en aquella que tantos hombres han compuesto
a tragos de hiel en las noches perdidas.
Un día cantaremos
a coro con los ángeles
(los ángeles son esos hombres
que han sorbido fuegos y metales
para que algún día las hijas puedan cantar con sus padres la canción de los ángeles;
los ángeles que han muerto habrán de resurgir,
los que todavía vivan habrán de darles sus manos calientes
a las manos aún frías de los ángeles redivivos):
cantaremos tú y yo y los otros
mientras vamos haciendo una avenida por donde irán los niños
a buscar otra vez el arco iris.
Luego
yo seré tu niño
y tú me arrullarás.
80
Figlia mia, un giorno canteremo, non importa
che io non sia con te; canteremo tu e io.
Non importa
che io ancora non ci sia:
canteremo entrambi.
Devi credere nella canzone
che hanno creato i fiori, gli alberi, il vento
e soprattutto in quella che hanno scritto i percorsi aridi
e in quella che tanti uomini hanno composto
a sorsi di bile nelle notti perdute.
Un giorno canteremo
in coro con gli angeli
(gli angeli sono gli uomini
che hanno sorbito fuochi e metalli
perché un giorno le figlie potessero cantare con i loro padri
la canzone degli angeli;
gli angeli che sono morti dovranno risorgere,
quelli che ancora vivono dovranno dare le loro mani calde
alle mani ancora fredde degli angeli redivivi):
canteremo tu, io e gli altri
mentre stiamo costruendo un viale dove andranno i bambini
a cercare ancora una volta l’arcobaleno.
Dopo
io sarò il tuo bambino
e tu mi cullerai.
Città del Messico, settembre 1995 – gennaio 2009
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